UNICREDIT PAVILION

UNICREDIT PAVILION

Piazza Gae Aulenti, Milano

Di sicuro non esistono a Milano luoghi notturni simili, nei quali i contrasti tra luce ed ombra nascono da una volontà di progetto così determinata e precisa, direi anche così pre-calcolata e studiata. Ciò che ha generato tutto è la visualizzazione astratta del propagarsi di una onda, il riverbero di un sasso (il Pavilion) che cade in uno stagno calmo e ne deforma la sua superficie secondo un ritmo musicale decrescente. I lampioni stessi sono steli puri, alti 10 metri e appositamente disegnati. Si comportano come indicatori di battuta in un pentagramma, la loro luce è concentrata e precisa, non diffonde ma indica, scandisce. Tutta questa teoria iniziale ed affascinante ci ha portato ad un lavoro enorme, della durata di due anni ed ovviamente ad ardue e valorose battaglie per difendere scelte tecniche e selezione di apparecchi ed ottiche.
L’ “oggetto architettonico” infatti è super complesso ed ha una pelle mutevole, trasparente e opaca allo stesso tempo, a seconda delle momentanee esigenze interne, richiede un approccio molto tecnico e studiato.

Io preferisco sempre e comunque parlare di emozioni e lasciare che sia l’illuminazione stessa a raccontare una storia all’osservatore, sia che egli percepisca un’immagine veloce e fuggevole dall’esterno passando in macchina o che abbia il tempo di vivere con più attenzione l’edificio, partecipando ad un convegno o visitando una mostra d’arte, o che casualmente ed anche inconsciamente si soffermi per qualche secondo in piazza o nel futuro parco adiacente a guardare la città di notte, ma anche le stelle.

 


 

Piazza Gae Aulenti, Milan

One thing is for sure, there are no other nocturnal places quite like it in Milan, where deliberate contrasts between light and shade are part of a definite, precise design project, I would even say pre-calculated and studied. Everything was generated by the abstract visualisation of a developing wave, the reverberation of a pebble (the Pavilion) dropping into a calm pond, rippling the surface according to a diminishing musical rhythm. The lampposts are like pure stalks, 10 meters high and specially-designed. They are like bar lines on a sheet of music, their light is concentrated and precise, it doesn’t diffuse, it indicates and punctuates. All this initial, fascinating theory led us to a giganic two-year project, and, obviously arduous, valiant battles in defence of technical decisions and optical equipment choices. The “architectural object” is in fact extremely complex and has a mutable skin, simultaneously both transparent and opaque, according to internal needs, requiring a very technical, studied approach.

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